IL MIO ANNO IN CINA CON AFS
Ricordo che quando stavo ancora pensando alla possibilità di un anno all’estero con AFS, trascorrevo un sacco di tempo leggendo i depliant informativi con le descrizioni dei paesi ospitanti e brevi racconti di ragazzi che vi avevano vissuto. Da quelle pagine sfavillanti, tutto sembrava così bello, così interessante, così affascinante, e anche... così facile! Non è che quelle persone stessero mentendo, anzi, scrivevano sempre frasi come "ebbi un sacco di problemi all’inizio, poi è andata meglio", "è stata dura, ma ce l’ho fatta...". Lessi e rilessi quel depliant non so quante volte, prima di gennaio lo sapevo a memoria, ma, e solo ora me ne rendo conto, il mio cervello registrava solo la seconda parte. Quella facile, quella dello shock culturale. Per questo, quando per la prima volta misi piede fuori dall’aeroporto di Chongqing e fui investita dalle temperature tropicali, ancora non avevo la minima idea di quello in cui mi ero cacciata. Questa beata innocenza non durò a lungo. Cominciò già a sparire lentamente durante il tragitto dall’aeroporto alla nuova scuola, quando non trovai alcuna cintura di sicurezza nel mio sedile e trascorsi 30 minuti avvinghiata alla mia valigia pregando di uscire viva dall’autostrada. L’immagine di facce felici ed edifici accoglienti scomparse la prima volta che ebbi occasione di guardarmi incontro e mi trovai circondata da persone esauste per il caldo infernale, e quando scorsi le mura di cinta della scuola, decorate da pezzi di vetro affilati. Quell’innocenza era ormai completamente svanita quando mi mostrarono il bagno della mia famiglia ospitante, e quando mangiai la mia prima colazione cinese ( 3 uova bollite, spaghetti ed una deliziosa tazza di latte di fagioli ). Quello fu il momento in cui realizzai che forse avevo un po’ sottovalutato la difficoltà di 10 mesi in un paese straniero, e non uno qualsiasi, ma la controversa Cina, con una storia vecchia di 4000 anni, un presente in via di sviluppo ed un sempre più galoppante futuro. Ho trascorso dieci mesi a Chongqing, una delle quattro municipalità della Cina, un enorme città che cresce a vista d’occhio situata nella parte sud-ovest del paese, nota per il cibo incredibilmente piccante, le temperature estive estremamente elevate e la breve distanza ( parlando di distanze cinesi ), dalla diga più grande del mondo. Dieci mesi intensamente sofferti e combattuti, ma anche amati e goduti. Quando arrivai in Cina, dicevo, credevo erroneamente di sapere quello che mi aspettava, credevo di essere preparata. Pensavo che la nuova lingua non sarebbe stata troppo difficile, che la mia famiglia ospitante sarebbe sempre stata lì, che avrei avuto tanti amici stranieri nella mia scuola, che sarebbe stato facile farsi amici cinesi. Al contrario, ho trovato costante rumore, un concetto totalmente diverso di pulizia, migliaia di caratteri da imparare a memoria, strani odori e cibi, libere interpretazioni del codice stradale, ed un preoccupante contrasto fra i ricchi che fanno shopping in negozi firmati e i mendicanti che ti assalgono per strada. Abituarsi a tutto questo non è stato affatto facile. Il primo mese fu il più difficile. A parte lo scioccante contesto, non trovai quello che mi aspettavo. Nella mia famiglia erano sempre al lavoro, non avevano troppo tempo per me. Prima di venire in Cina non avevo praticamente mai avuto amici maschi, qui fin dal primo giorno non ho avuto altra scelta che trascorrere ore ed ore in compagnia di un irritante tedesco che non stava mai zitto e che non sopportavo. Per la prima volta nella mia vita sedevo in una classe e non capivo un accidente di quello che diceva l’insegnante. I miei compagni di classe erano tutti così concentrati sullo studio, e molti di loro erano troppo timidi per parlarmi.
.Poi, imparai a guardare un po’ più in là di quello che era esattamente di fronte a me. E realizzai che forse non avevo la famiglia perfetta, ma proprio per questo imparai ad essere indipendente e a badare a me stessa. Le lezioni del mattino erano impossibili da comprendere. Ma se avessi trascorso quelle ore studiando cinese, allora un giorno quelle frasi al momento senza senso avrebbero voluto dire qualche cosa anche per me. I miei compagni di classe erano timidi? Non potevo sempre aspettarmi che fossero gli altri a rivolgermi la parola, perciò decisi di fare il primo passo. E quel fastidioso tedesco che detestavo al’inizio, risultò essere la persona più importante qui in Cina, il mio migliore amico. Tantissime volte mi sono chiesta perché scelsi la Cina. Ragioni come l’importanza di questa lingua nel mercato del lavoro mi sembrano così vuote adesso. Anche se all’inizio era una delle mie priorità, è lentamente cambiata. Tendi a dimenticarti di cose come il mercato del lavoro mentre stai combattendo selvaggiamente con un tassista per la sua tariffa astronomica. Il 18 agosto 2009 sono arrivata in Cina. All’epoca non sapevo nulla di cinese, le uniche cose che riuscivo a dire alla mia famiglia ospitante erano "ciao" e "grazie". Trascorrendo un anno qui in Cina il mio cinese è migliorato molto, e per ciò devo ringraziare molte persone: la nostra insegnante, Diana, che ha sempre creduto in noi. Ci ha insegnato molte cose. Quando sarò di nuovo in Italia spero di rimanere in contatto con lei. Devo anche ringraziare i miei compagni di classe per la loro pazienza nei mie confronti, la mia coordinatrice per la sua disponibilità, la mia volontaria per il suo costante supporto. E voglio ringraziare anche la mia famiglia: mi hanno accolta, e mi hanno aiutata a scoprire la cultura cinese. Ora, quando guardo indietro ai 10 mesi appena trascorsi, vedo i visi delle persone che ho amato ( e che amo ), i molti posti che ho visitato ( Shanghai a Capodanno, Pechino durante il Capodanno cinese, Tianjin, Chendu, Yunnan, Xian, la Diga delle 3 Gole...), le esperienze che ho vissuto ( dagli spiedini di scorpione alla gioia per la festa di compleanno a sorpresa che i miei compagni di classe mi hanno organizzato ), i piccoli dettagli della vita quotidiana, così normali ora ma che sono sicura mi mancheranno tantissimo ( la colazione con i baozi, la passeggiata tutti i pomeriggi da scuola fino a casa...)... Vedo tutto questo e mi sento colma, sento che non ho nulla da rimpiangere. Queste sono le vere ragioni del mio anno in Cina. Forse non ho imparato la lingua bene come avrei voluto, e forse non ho avuto una relazione poi così fantastica con la mia famiglia, ma ho imparato ad essere più aperta nei confronti degli altri, a mettermi nei loro panni prima di giudicarli, ad essere indipendente ed avere consapevolezza della persona che sono, nel bene e nel male. E più importante di tutto, ho imparato che le cose potrebbero anche essere più difficili di quello che ci saremmo aspettati, ma finché avremo abbastanza forza interiore per affrontarle e proveremo a vedere il buono che c’è in ogni cosa, non abbiamo nulla di cui aver paura. Le difficoltà sono fatte per tirare fuori il meglio di ciò che è in noi, e senza un minimo sforzo nessuno ha mai ottenuto nulla. Perciò dobbiamo cogliere tutte le occasioni che ci vengono offerte, altrimenti saremo forse più "sicuri", ma anche più vuoti. Questi dieci mesi per me sono cominciati con l’ammissione della mia ingenuità. Ora sono così felice di esserlo stata!! Senza, avrei forse perso l’opportunità di trascorrere un anno in Cina, qualcosa che per me vale non vale tutta la pulizia e la guida sicura del mondo!
Flavia