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Racconto del Prof. Biagio Cipolletta - Liceo Statale Niccolò Machiavelli

Racconto del Prof. Biagio Cipolletta


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Dialogo tra la Natura e un Lappone

Lappone: “Finalmente! E’ il quinto giorno consecutivo che non nevica. Forse il lungo inverno sta per finire. Forse anche per quest’anno il peggio è passato. Ma forse è meglio non cantare vittoria troppo presto, la neve potrebbe tornare ancora anche a maggio o giugno come è successo tre anni fa. E poi ci vorranno ancora parecchi giorni prima che si sciolga tutto il ghiaccio accumulato in tutti questi mesi.

Sì, forse è meglio aspettare ancora prima di gioire!”

Ma l’inverno stava veramente per finire e non ci furono più nevicate.

Iniziò il lento, lungo disgelo nell’estremo Nord della Norvegia e la sterminata tundra riprese a vivere e a ricoprirsi di muschi e licheni.

Le giornate si allungarono, sbocciarono qua e là accesi fiori di campo, i gabbiani ritornarono e fecero sentire il loro grido.

Ancora una volta si ripeteva l’eterno ciclo naturale della vita e il Lappone si sentiva animato da una straordinaria forza interiore che lo portava ad osservare quella rinascita come se fosse la prima volta.

Quando il disgelo fu quasi terminato, lasciò la sua accogliente casa di Kautokeino, dove ormai viveva da quando aveva abbandonato la vita nomade per quella sedentaria, e volle recarsi nella tundra.

Lappone: “Che meraviglia! E pensare che pochi mesi fa qui c’era solo neve e ghiaccio. E’ proprio grande la Natura! Che spettacolo! Che bello! Che vista stupenda! Che bei fiori! Che…cavolo è? Porca miseria! Mi ero proprio dimenticato! Accidenti a te, a voi e…a tutte quelle come voi! Ma chi ha inventato le zanzare? A che servono? Perché la Natura le fa nascere? Non sarebbe meglio un mondo senza zanzare? Guarda quante! E vi sono pure i moscerini! Che bella accoppiata! Ma la Natura non aveva altro da fare che pensare alle zanzare e ai moscerini? “

Chiamata più volte in causa, la Natura pensò allora che forse bisognava discolparsi o quanto meno rispondere a quelle lamentele vecchie ma sempre nuove.

Allora la cima di un fitto boschetto di betulle lì vicino ondeggiò molto pur in assenza di vento (cosa molto rara, per la verità, in Lapponia) e si udì chiara e sicura una voce dal timbro molto particolare

Natura: “Guarda che non dici nulla di nuovo. Sai quanti uomini e da quanti anni, anzi da secoli, dicono le stesse cose? Qualcuno le ha anche messe per iscritto e ne ha fatto un racconto molto noto. Un certo Giacomo Leopardi, un poeta italiano, ha riportato in una sua opera un Dialogo tra la Natura e un Islandese che ti consiglio di leggere: non è tradotto in lappone ma lo è in inglese e forse anche in norvegese. Perché non lo leggi? Io condivido quasi tutto quello che questo Leopardi mi fa dire nel dialogo ma voglio precisare alcuni punti.

Dunque io sono impegnata in molte attività di tipo generale e non mi posso occupare dei casi particolari: le tue zanzare sono importanti e noiose per te ma nel quadro globale sono insignificanti.

Il telegiornale della Lapponia non dirà mai che tu oggi sei stato punto da 7 zanzare e che ti è andato un moscerino in un occhio! Dirà, invece, che il territorio lappone è sempre più frequentato dai turisti e che oggi un gruppo di 20 italiani ha visitato il Parlamento e il Museo dei Sami e poi ha fatto, nonostante le zanzare, una escursione nel cuore della tundra.

Ti devi abituare, caro mio, anzi vi dovete abituare, cari miei, a guardare ben oltre il vostro orticello ed allora vedrete le cose con occhi diversi.

Lappone: “Ma cosa ti costerebbe eliminare le zanzare oltre il Circolo polare artico?

Quale danno e per chi ci sarebbe? Dimostrami quali danni deriverebbero”.

Natura: “ Non ci sarebbe nessun danno salvo per alcuni animali della catena alimentare ma questo sarebbe sicuramente un fatto insignificante.”

Ma prima di far sparire le zanzare dal tuo territorio, dovrei farle sparire da quelle zone torride dell’Africa dove ci sono già tanti problemi a cominciare dalla siccità, dalle carestie e dalle epidemie. Certamente avrai visto uno di quei filmati dove i bambini nudi, sporchi e affamati con la pancia gonfia di aria sono letteralmente assaliti da mosche, zanzare e moscerini che li tormentano soprattutto intorno agli occhi!

Avrai visto che anche gli animali, a cominciare dalle mucche, che non fanno certo male a nessuno, sono tormentati da centinaia di mosche ed altri insetti in tutto il corpo e soprattutto negli occhi.

Tu sopporti questi insetti solo per pochi mesi all’anno mentre in Africa quelle persone, già provate da mille problemi, li devono sopportare per tutto l’anno.

Non ti sembra migliore la tua situazione anche per il fatto che vivi in una delle zone più belle e più ricche d’Europa?

Qui arrivano molti turisti diretti a Capo Nord che contribuiscono a migliorare la vostra già buona economia. Ma chi si reca in quegli sperduti villaggi africani? Non c’è acqua, non c’è cibo, non ci sono medicinali per le malattie che colpiscono tante e tante persone.

Lì le zanzare causano ancora la malaria che è sparita dall’Europa da diversi anni.

E’ un fatto del tutto naturale che in determinate condizioni climatiche ed ambientali vengano fuori le zanzare e perciò io non posso farci assolutamente nulla, a meno che non voglia smentire me stessa”.

Lappone: “Sì, forse hai ragione, mi rendo conto che questi inutili insetti ubbidiscono ad una legge di natura (cioè a te) sotto ogni latitudine ma ci potrebbe essere un’eccezione, potresti farli sparire solo qua o potresti cambiare le tue leggi per tutti.”

Natura: “Le mie leggi non si possono cambiare altrimenti ci sarebbe il caos: ormai sono millenni che le cose vanno avanti così e non mi metto certo a sconvolgere l’ordine universale per delle stupide zanzare.”

Lappone: “Vedi che lo dici anche tu che sono stupide?”

Natura: ”Stupide o intelligenti non le posso far sparire. Se ascoltassi te, sai quanta altra gente si sentirebbe autorizzata a chiedermi le cose più disparate?”

Lappone: “Se mi fai questo favore, ti prometto che non lo dirò a nessuno.”

Natura: “Ma allora non vuoi proprio capire! Non posso andare contro me stessa. Tu distruggeresti le cose fatte da te?”

Lappone: “Basta, mi arrendo, ma dimmi: oggi è così ma c’è speranza per il domani? Potrai cambiare idea? Ci potrà essere qualche novità? Qualche piccolo o grande cambiamento? Come dici? Parla più forte, non ti sento, si è levato un vento assai forte. Accidenti! Proprio adesso doveva alzarsi questo vento! Come? Cavolo! Non sento …urla più forte! Cosa dici? Cosa hai detto? Cosaaa? Porca miseria! Non sento… non sento più nulla…”

Novembre 2007

Auschwitz

a Primo Levi

Se le parole ti muoiono dentro

e non s’aprono nel vento

se vedi le piante cresciute sui morti

e osservi le cime salire nell’aria

se stringi la mano di chi ti sta accanto

e dividi con lui la tua disperazione

se l’erba bagnata di ogni dolore

nasconde il fango e colora la polvere

se ascolti e singhiozzi dei morti il kaddish

se senti bello il pianto degli occhi

se il filo spinato di colpo svanisce

e apre il tuo sogno di umanità

se senti i bambini che sorridono ignari

e li prendi con te nel tuo dolore

se ascolti le voci delle fosse comuni

e dentro ti brucia il fumo dei morti

se cerchi un fiore per odorare

se ancora può avere il suo profumo

se mai vorresti fosse mai esistito

il buco nero dell’umanità

se guardi ancora nel sole caldo

per oscurare il freddo e il buio.

Allora tu sei ancora un uomo.

Ottobre 2005

Omaggio a Giordano Bruno

Un altro anno è passato

e si è aggiunto alla tua gloria,

frate Giordano.

Da qui ove il rogo arse

il tempo ti rende giustizia

e la tua figura è da gigante.

Questa piazza

stupenda di Roma

è piena del tuo sguardo fiero

che brucia ogni cosa

si sente nell’aria

nel sangue e nell’aria.

Pure chi non ti conosce

alza rapido gli occhi

e resta da te abbagliato.

Sul tuo alto piedistallo scuro

stai severo, fermo nel cielo

a scrutare i mondi infiniti

a sfidare il buio e la luce.

A mostrare che l’Idea

mai non può morire

e la vita di noi senza di lei

nel tempo muore.

Il rogo è spento

ma brucia ancora

per sempre eterna

la tua fiamma,

frate Giordano.

in Biagio Cipolletta, Brividi di sole, Fabio Croce editore, Roma, 2004, pag. 38.

Ogni volta che un uomo

Ogni volta che un uomo,

un uomo vecchio e stanco,

con passo di fatica

e lo sguardo di nulla

trascina per la via la sua sofferenza,

mentre intorno la vita corre

e nessuno rallenta,

nessuno si ferma

o gli tende la mano,

sempre io penso che quell’uomo

è stato un bambino.

Che correva felice

e della vita faceva capriole

mentre il mondo si fermava

e gli tendeva le braccia.

E pure penso

che così anch’io sarò,

invisibile agli altri

e inutile forse

nella vita che fugge.

Ma dove i passi non mi condurranno

mi condurrà il pensiero

a ricordarmi di anni giovani,

di entusiasmi folli,

di tempi infiniti

e di un volto che la nebbia non cancella.

L’amor che move il sole e l’altre stelle

Ma dimmelo cosa hai provato

quando hai scritto quel verso!

Quando la tua lunga fatica

di una vita è giunta alla fine.

Quando l’Inferno è diventato Paradiso

e hai guardato finalmente la luce di Dio.

Quando hai posato la penna stanca

e hai rivisto la tua opera antica

di anni di sofferenze e visioni.

Cosa hai fatto in quel momento?

Con chi hai diviso quell’ora?

Cosa hai mai desiderato ancora?

No, non rispondermi,

ti prego, non dirmi niente.

Era di notte e la candela si spegneva

sulla tua stanchezza e la tua gioia.

Tante visioni ti correvano incontro

e ti smarrivano la mente nel sonno.

Allora sfinito poggiavi il capo sull’ultima pagina

e sognavi la pace e l’eternità.

Ti svegliavi, ricordavi quel verso

e cercavi qualcuno cui dire la tua fatica

ma la stanza era muta e deserta.

Allora avvertitivi un vuoto nell’anima,

uscivi di corsa all’aperto,

guardavi con ansia in alto

sempre più in alto…

ma le tue stelle non c’erano più…

Marzo 2006

Omaggio a Roma

“Soltanto a queste mura,

ai vecchi archi consunti,

ai palazzi involgariti

il nome Roma appartiene.”

Ezra Pound

Più corre veloce il Tempo.

Più mostri le tue rughe.

Più uomini insensibili

calpestano il tuo passato.

Più ti assedia chi nulla ha

e nulla ha mai avuto.

Più macchinari ignoranti

sputano dalle tue viscere

la tua anima e la tua storia.

Più i miasmi del traffico

e della “civiltà” ti soffocano.

Più sei oltraggiata

offesa, violentata.

E più ti amo

Città ferita

stanca, indifesa

dove le pietre,

bruciando il tempo,

gridano la Storia

e ti fanno Eterna.

Ultimo Aggiornamento: 21 novembre 2012

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